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Canova e la danza

28/06/2022

Un bassorilievo collocato nella Gypsotheca in alto, sulla parete di sinistra, rappresenta due giovani corpi che si librano nell’aria. Attorno un vuoto assoluto. Soltanto degli ampi nastri svolazzanti inghirlandano i volti creando un ampio cerchio alle loro spalle. Da ambo i lati due gruppi, giovani e fanciulle, inneggiano all’esaltazione del movimento dei figli di Alcinoo, il re dei Feaci. Spettatori fanno da quinta alla scena che si svolge su uno sfondo neutro infinito. Quanta leggerezza in quello slancio. I due giovani, sulle punte, si lanciano in una serie di sollevamenti e gioiosi passi sostenendosi sulle gambe per catturare l’attenzione degli spettatori, in particolare dell’eroe di tutte le guerre: Odisseo. Alcinoo vuole che si ammiri la bravura dei due giovani figli e che si esprima un giudizio sulla loro danza. Canova vuole dare un valore all’azione della danza che viene incoronata da questa rappresentazione in bassorilievo come un’arte per eccellenza, grazie alla quale si possono esprimere la propria sensibilità, i propri sentimenti e la profonda gioia di rivelarsi a se stessi e agli altri. 

Antonio Canova
Danza dei figli di Alcinoo
1790, gesso

L’ispirazione viene dalla musica, i movimenti seguono un ritmo interiore e ognuno di essi è in grado di suscitare un’intensa vibrazione. Al suolo è posata una palla, manifestazione del mito greco della bellezza matematica dell’universo e, in quanto sfera, rappresentazione della temporalità dell’azione. Come Omero, che sapeva narrare descrivendo figure, movimenti ed emozioni, così Canova rappresenta nel gruppo di destra Alcinoo e la regina Arete che accolgono Ulisse e la bella Nausicaa.

La danza può essere un’espressione legata alle tradizioni dei popoli primitivi, oppure divenire un semplice passatempo; sempre si accompagna alla musica e al canto. In tutti i casi Canova era cosciente di poter affermare che la danza costituisce un linguaggio, un modo per comunicare, grazie alla sua espressività rituale, solenne, festosa.
Al tema della danza, dunque, propende la cultura scultorea del Canova, come si può rilevare anche nel secondo bassorilievo realizzato nel 1797: Le Grazie e Venere danzano davanti a Marte. Anche qui la danza e la musica, in equilibrio stabile, si compenetrano creando un’atmosfera idilliaca in cui i singoli personaggi vivono di luce propria.

Tra il 1806 e il 1812 Canova si concentrò su tre invenzioni plastiche riconducibili al tema della danza, ne studiò lo sviluppo nelle tempere e, almeno per alcune, nei monocromi. Lo scultore era solito rappresentare espressioni gioiose e personificazioni di stati d’animo sereni, lo affascinavano la leggerezza e la grazia espresse col movimento. Produsse così disegni, tempere e monocromi, veri e propri progetti destinati alle realizzazioni in gesso e, successivamente, in marmo, materiale che finiva per ‘respirare’ attraverso la trasparenza e la levità dei gesti e delle movenze delle sue raffigurazioni.

Antonio Canova
Cinque danzatrici con ghirlande di fiori,
1799, tempera su carta

Le tre danzatrici disposte all’interno dell’Ala Scarpa della Gypsotheca

Certamente le ballerine rimandano a processi creativi complessi e laboriosi, che denotano l’attento esame da parte dello scultore di un’iconografia già vista e appresa negli affreschi di Ercolano e di Pompei: i disegni prima, le tempere poi, e infine i monocromi ne anticipano la realizzazione.
Mentre la Danzatrice con i cembali è raffigurata nell’azione di totale compenetrazione tra musica e movimento, la Danzatrice col dito al mento, forse ispirata a Le Grazie, appare più composta e lieve nella movenza avviluppata a serpente, rimanendo ancorata sulla punta del piede. La delicatezza è immensa, profonda l’azione che obbliga la veste leggera a incresparsi sul corpo. La testa si piega delicatamente sulla spalla destra, il braccio sinistro è trattenuto al fianco e fa da pendant al movimento della mano destra che si appoggia, invece, al mento. 

Si tratta, quindi, di opere straordinarie che hanno suscitato da sempre stupore e meraviglia; per tutte e tre potrebbero valere le parole, pervase da toni entusiastici, scritte, il 20 febbraio 1813, dalla stessa Joséphine: “La Danseuse étant arrivée à temps pour l’exposition publique, j’ai été ensuite et j’ai beaucoup de plaisir à vous dire qu’elle a excité l’admiration générale, on s’est porté en foule pour la voir, et il n’y a qu’une opinion sur la perfection de cette statue […]. Si je me croyais en état de juger, c’est au Paris que je donnerais la prétérence, cependant je trouve la Danseuse charmante […]. Il me semble que vous faites mieux que Pygmalion, il n’animait son chef d’oeuvre que pour lui seul, et c’est pour nous que vous animez les Votres”.

Articolo di Mario Guderzo

Canova
2019, Magnitudo film