Vai al contenuto
Aperto oggi 09:30-18:00
"A casa della signora Tambroni ci è capitato di discutere spesso con il Canova [...] Per quanto fossimo brillanti, Canova non ci ascoltava affatto: le discussioni estetiche non lo interessavano, egli comprendeva soltanto i discorsi ‘per immagini’, gli unici che sollecitassero la sua fantasia"
Sthendal - Lettere da Roma

Biografia di Antonio Canova

Antonio Canova nacque a Possagno il 1° novembre 1757 e si avvicinò al mondo della scultura fin da piccolo grazie al nonno Pasino, tagliapietre, che lo avviò allo studio nel laboratorio di Giuseppe Bernardi-Torretti, prima a Pagnano d’Asolo e poi a Venezia.
Nella città lagunare, il giovane Artista compì i primi studi all’Accademia del Nudo e aprì un laboratorio in proprio, dove ricevette le prime importanti commissioni. Si ricordano, in particolare, Orfeo ed Euridice (1776) e Dedalo e Icaro (1779) – esposti entrambi al Museo Correr di Venezia – realizzati per il nobile Giovanni Falier, suo mecenate, nelle quali si può notare l’influenza dell’arte veneta.
Nel 1779 lo Scultore compì il suo primo viaggio a Roma: fu qui che egli venne a contatto con l’arte neoclassica e le idee illuministiche teorizzate da Anton Raphael Mengs e da Johann Joachim Winckelmann. Nello stesso anno viaggiò più a sud e visitò gli scavi delle città di Ercolano e Pompei, rimanendo profondamente colpito e influenzato dall’arte antica romana e greca. Fu grazie a questo viaggio che Canova cambiò il suo approccio alla scultura e all’arte, divenendo presto il più grande artista neoclassico della sua epoca.

Antonio Canova, Autoritratto come scultore, 1821, gesso, Possagno, Museo Gypsotheca Antonio Canova

Antonio Canova, Autoritratto come scultore, 1799, olio su tela, Possagno, Museo Gypsotheca Antonio Canova

Nel 1781 Canova si trasferì definitivamente a Roma, prima presso Girolamo Zulian, ambasciatore della Repubblica di Venezia nella città pontificia, e poi aprendo il suo laboratorio di scultura in via delle Colonnette, poco distante dal fiume Tevere, di cui si serviva per trasportare i blocchi di marmo da Carrara. È proprio qui che l’Artista possagnese realizzò le sue maggiori e famose opere scultoree: da Amore e Psiche giacenti (1793) a Le Grazie (1816), dal Monumento funerario di Clemente XIII (1792) alla Maddalena giacente (1822). Nel 1798, con l’arrivo delle truppe francesi a Roma, Canova ritornò a Possagno dove si dedicò alla pittura: molti suoi dipinti ad olio e a tempera di questo periodo gli serviranno come studi preparatori ad opere scultoree successive. Negli stessi anni si recò anche nel nord Europa, visitando in particolare Vienna, dove il duca Alberto di Sassonia gli commissionò un cenotafio in onore della sua consorte, il Monumento funerario di Maria Cristina d’Austria (1805), una delle sue opere maggiormente celebrate e omaggiate. Due anni più tardi ritornò a Roma in compagnia del fratellastro Giovanni Battista Sartori, che diventerà suo fedele segretario e suo unico erede. Con l’avvento di Napoleone come primo console di Francia, Canova ritrasse quasi in totalità la famiglia Bonaparte: in particolare si ricorda il ritratto della sorella dell’imperatore, Paolina Borghese come Venere vincitrice, opera realizzata tra il 1804 e il 1808.

Di fondamentale importanza fu l’incarico diplomatico che gli affidò Papa Pio VII nel 1815: Canova fu inviato a Parigi col compito di riportare in Italia le opere che erano state trafugate durante le campagne napoleoniche a fine Settecento. Grazie a lui, tornò nella penisola la maggior parte dei tesori artistici italiani. L’ultimo grande capolavoro che Canova progettò fu la nuova chiesa parrocchiale per il suo paese natale, Possagno. I lavori di costruzione del Tempio iniziarono nel 1819, ma l’Artista non vide mai l’opera terminata in quanto morì tre anni dopo, il 13 ottobre 1822 a Venezia. Durante la sua vita, Antonio Canova fu un grande artista, ma anche un grande mecenate; conobbe i maggiori esponenti dell’arte e della politica dell’epoca, sapeva parlare l’inglese e il francese. La sua arte viaggiò in tutta Europa, tanto che oggi le sue sculture sono conservate nei maggiori musei del mondo, ma non dimenticò mai le sue origini e la sua città natale, Possagno, che custodisce la sua eredità storica e artistica.

 

Antonio Canova, figlio dello scalpellino Pietro Canova e di Angela Zardo, nacque il 1° novembre 1757 nella cittadina di Possagno, situata nel trevigiano. Il padre morì all’età di ventisei anni, quando Canova non ne aveva ancora compiuti quattro. La madre, dopo poco tempo dalla morte del marito, passò a seconde nozze con Francesco Sartori, lasciando il figlio a vivere con il nonno paterno, Pasino Canova. Quest’ultimo era un abile scalpellino e capo mastro e insegnò al nipote, portandolo con sé nei luoghi di lavoro, il «maneggio dei ferri in aiuto alle opere che venivagli affidate».
Secondo una leggenda di epoca romantica il nonno Pasino, il quale non godeva di una buona situazione economica, si vide costretto a far lavorare il nipote come aiuto cuoco presso la villa dei nobili Falier a Pradazzi di Asolo. Qui il giovane Canova diede prova della sua abilità di scultore eseguendo un leone accovacciato in burro che venne poi utilizzato come centrotavola per il sontuoso pranzo.
Il nonno Pasino, con l’appoggio del senatore Giovanni Falier, visto il promettente talento del ragazzo, lo fece accogliere presso lo studio dello scultore Giuseppe Bernardi detto Torretti (1694-1773) nella vicina Pagnano d’Asolo. In questo ambiente, Canova ottenne la prima formazione. Nell’autunno del 1768 Torretti fece ritorno nella sua bottega veneziana, situata in Campo Santa Marina, e il giovane Canova, all’età di soli 11 anni, lo seguì.

A Venezia il giovane Canova lavorava alla bottega del maestro Torretti e frequentava allo stesso tempo l’Accademia di pittura e scultura a San Marco. Il nonno Pasino, sicuro della vocazione del nipote, vendette un piccolo terreno, il cui ricavato permise a Canova di lavorare solo metà giornata, dedicando l’altra metà al disegno e allo studio di opere antiche.
Le prime opere veneziane di Canova furono i due Canestri di fiori e frutta realizzati nel 1772 per il senatore Giovanni Falier (oggi conservati al Museo Correr di Venezia), e il gruppo scultoreo di Orfeo ed Euridice (1775-76), il quale era destinato ad essere esposto nel giardino della villa Falier di Asolo.
Avendo acquisito fama nella città lagunare, Canova decise di avviare nel 1775 un proprio studio nel chiosco di Santo Stefano, dove realizzò le due statue commissionategli da Falier. L’opera venne esposta nel 1776 alla Fiera della Sensa in Piazza San Marco e ciò permise all’Artista di acquisire ancor più notorietà, tant’è che l’anno successivo il procuratore Pietro Vittor Pisani gli commissionò una statua avente soggetto le figure mitologiche di Dedalo e Icaro. Quest’ultima, terminata nel 1779, venne esposta nel padiglione dei professori alla “Fiera della Sensa”, e permise a Canova di ottenere il decisivo riconoscimento dell’ambiente artistico veneziano e il fondo necessario per intraprendere un soggiorno di studio a Roma.

 

Nel 1781 Canova decise di lasciare la città di Venezia per trasferirsi definitivamente a Roma, dove aprì il suo laboratorio di scultura in via delle Colonnette, vicino al fiume Tevere. Qui ricevette molte commissioni importanti, tra cui la realizzazione del gruppo scultoreo Teseo e il Minotauro (1781-83) e Psiche (1789-92), per conto dell’ambasciatore veneziano Zulian.
Canova venne accolto con favore dalla critica e la sua fama crebbe in Italia e all’estero, raggiungendo committenti di alta carica, quali pontefici e sovrani europei.
Tra il 1795 e il 1796 Canova visse uno dei periodi più produttivi della sua carriera: realizzò una serie di sculture, quali Ebe (prima versione del 1796), Venere e Adone (1793-1795), Ercole e Lica (1795-1815), i Pugilatori vaticani (1800) e una delle sue opere più conosciute, Amore e Psiche giacenti (1787-93).
Nel 1802 il pontefice lo nominò Ispettore generale delle Antichità e Belle Arti dello Stato della Chiesa, carica che era stata di Raffaello e a cui Canova dedicherà tempo e risorse personali, curando l’allestimento delle antichità nel nuovo Museo Chiaramonti (dal 1806) e sollecitando una legge che impedisse l’esportazione di opere d’arte senza autorizzazione.

La notorietà di Canova giunse anche in Francia e suscitò l’interesse di Napoleone Bonaparte (1769-1821) che, a seguito delle campagne napoleoniche, aveva dato vita al “Primo Impero”, assumendo il titolo di primo Console.
Nel 1802, infatti, lo Scultore venne invitato a Parigi poiché il primo Console intendeva commissionargli un ritratto. Inizialmente l’Artista rifiutò affermando di «non poter egli, veneziano, lavorare per Colui che aveva fatto mercimonio della sua patria dopo averne distrutto il glorioso venerando Governo», ma successivamente decise di accettare l’invito. Nell’ottobre del 1802 Canova giunse quindi nel palazzo di Saint-Cloud dove venne ricevuto da Napoleone per la realizzazione dell’opera.
Nel corso della sua carriera Canova realizzò diverse opere per la famiglia Bonaparte, conosciute come “napoleonidi”.
Nel 1815, dopo la sconfitta di Napoleone, l’Artista tornò a Parigi in veste di Ispettore generale alle Antichità e Belle Arti dello Stato Pontificio, titolo assegnatogli da Papa Pio VII. Quest’ultimo gli diede il compito di riportare in Italia tutte le opere che furono sottratte durante le campagne napoleoniche. Canova riuscì nella sua missione e recuperò gran parte dei capolavori artistici italiani.

Nel 1815 Antonio Canova si recò a Londra per esprimere un giudizio critico sui marmi del Partenone, esposti a Burlington House, che definì “l’opera dei più bravi artisti che il mondo avesse mai visto”. A seguito del giudizio dello Scultore, il Governo inglese, che fino a quel momento li aveva ritenuti non originali, decise di acquistarli e di esporli al British Museum di Londra.
Nella capitale inglese, l’Artista fu invitato ad un banchetto organizzato in suo onore dalla Royal Academy, venne ritratto dal pittore Thomas Lawrence e venne incaricato dal sovrano reggente Giorgio IV di realizzare il gruppo scultoreo di Venere e Marte (1816), allegoria della guerra e della pace. L’opera venne esposta nel febbraio del 1822 a Buckingham Palace, dove è tuttora conservata.
Re Giorgio IV non solo fece omaggio allo Scultore di una tabacchiera contenente brillanti, ma gli commissionò anche una copia del gruppo scultoreo delle Tre Grazie (1812-17).

A seguito del rifiuto da parte dei canonici di San Pietro di collocare la statua della Religione all’interno della basilica, Antonio Canova decise di destinare il denaro a tal fine stanziato per la costruzione del Tempio di Possagno. L’Artista aveva deciso di finanziare completamente la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, chiedendo il sostegno dei possagnesi nel fornire gratuitamente i materiali necessari, quali calce, sassi e sabbione.
Questi si dimostrarono entusiasti di partecipare fornendo quanto richiesto e rendendosi disponibili a lavorare di sera e durante i giorni festivi. Vivendo stabilmente a Roma e non potendo partecipare attivamente alla costruzione del Tempio, iniziato l’11 luglio 1819, Canova riceveva settimanalmente delle lettere per rimanere aggiornato sull’andamento dei lavori.
Lo Scultore purtroppo morì senza aver visto il suo progetto realizzato, ma il fratellastro Sartori, suo erede universale, portò a compimento la costruzione del Tempio.
Fu proprio Giovanni Battista Sartori, inoltre, alla morte del fratello, a far trasferire tutti i modelli in gesso dallo studio romano a Possagno e a donare al paese quell’incredibile patrimonio che oggi tutti noi possiamo ammirare nella Gypsotheca.

Antonio Canova, Ritratto di Giovanni Battista Sartori, 1821, gesso, Possagno, Museo Gypsotheca Antonio Canova

Il legame con Possagno

Nonostante Antonio Canova abbia vissuto a Possagno solo per pochi anni, nutrì sempre un profondo affetto per il suo paese natale. Ciò è testimoniato dalla sua volontà di realizzare, a proprie spese, una nuova chiesa parrocchiale, il Tempio, in sostituzione alla vecchia chiesa che mostrava segni di danneggiamento.
Nel corso della sua vita lo Scultore fece inoltre molte opere di beneficenza nei confronti dei possagnesi: ad esempio, con il denaro ricavato dalla vendita dell’opera le Tre Grazie (1812-17), istituì delle doti che permisero a molte giovani con difficoltà economiche di sposarsi; ancora, finanziò la costruzione di scuole a Possagno e nei paesi limitrofi.

Veduta aerea del complesso museale, sullo sfondo il paese di Possagno e il Tempio Canoviano
ph. Giulio Favotto