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Canova e la bellezza femminile

26/09/2022

Il fascino e il nudo femminile sono tra i più interessanti capitoli maggiormente rappresentati nel mondo dell’arte. La poetica canoviana ne rappresenta un chiaro esempio ed è così che, nel trattare il nudo, essa si rivela in tutta la sua straordinaria ricchezza lirica e sensitiva, proponendo un nuovo tipo di bellezza. Proprio il Neoclassicismo, al quale viene attribuita la collocazione temporale dello scultore, è teso al recupero dei modelli di compostezza, misura e armonia dell’arte antica e riserva ampio spazio alla raffigurazione di soggetti mitologici femminili. Canova, dunque, sulla scia delle teorie dell’archeologo tedesco J.J. Winckelmann, esprime la bellezza muliebre in forma idealizzata, la quale sembra realizzarsi soprattutto nel corso del primo periodo romano dell’artista. Ma la bellezza della sua scultura non si limita ad essere solamente pura e innocente: vedremo come, in molte opere, essa riesca a creare un perfetto equilibrio tra il tiepido candore e la lasciva sensualità delle donne canoviane. Una testimonianza di questo tema ci è data da una raccolta di ventisette fogli su carta avorio di vario formato, che comprende accademie ombreggiate di nudi femminili, atteggiati in modi diversi.

In queste indagini dal vero sul nudo femminile atteggiato in pose ed espressioni graziose, uno degli aspetti di maggiore interesse e novità che cogliamo, sia nelle figure stanti sia in quelle sedute, è l’attenzione che Canova dedica all’incidenza della luce sui corpi in rotazione, facendone tesoro per la complessa elaborazione delle sue sculture e per la loro collocazione ideale nello spazio. Come argomenta Elena Bassi, riferendosi alle tecniche dei disegni e ai loro soggetti, il taccuino va riferito al primo lustro del XIX secolo, come documentano la relazione di alcuni dei fogli che lo compongono con opere ideate in quegli anni: in modo particolare la Paolina Borghese come Venere Vincitrice e la Venere Italica. Sono sculture in cui Canova elabora, in modo più compiuto e definito, la sua concezione del nudo femminile, ancorato sì all’ideale classico, ma anche fortemente pregno di quella carnale sensualità cui, in questi disegni, ambisce la ricercata raffinatezza del segno. E’ dunque più che probabile che l’artista di Possagno abbia inteso esercitarsi nello studio del nudo femminile proprio in vista della modellazione in marmo, protrattasi per alcuni anni, di queste due celebri sculture.

Ci sono altre opere, comunque, dove il Canova realizza un suo ideale di bellezza, che non corrisponde soltanto a quello dell’aristocrazia o della borghesia del Settecento: infatti, nell’opera canoviana, è sempre possibile intravedere, in maniera più o meno esplicita, un sottofondo di candore, di estetismo ingenuo e sensuale, che non può non provocare una larga adesione anche in certi strati del gusto e della sensibilità popolare. Tutto ciò è chiaramente espresso nella sua opera Adone coronato da Venere. Lo slancio verticale della figura di Adone crea un senso di esaltazione eroica, mentre il ritmo compatto e quasi chiuso del gruppo sottolinea, come un canto forte e vibrante, la bellezza e la forza dell’amore.
Il gruppo rivela una struttura carica di allusioni erotiche, anche perché la figura di Venere pare quasi compenetrata in quella di Adone. L’abbandono languido del volto della dea sembra specchiarsi narcisisticamente in quello estatico di Adone, mentre il piccolo Cupido assiste grazioso e impertinente al trionfo dell’amore, sostenendo una corona di fiori. Più che dagli sguardi, ancora assorti e lontani, il significato allusivo al tema dell’amore nasce dell’abbandono languido della figura di Venere, distesa su di un piano quasi orizzontale come una dolce collina modellata con straordinaria sensibilità ed un gusto pittorico per le superfici.

“ In fondo, Antonio Canova rimane sempre un innamorato della bellezza femminile, che riesce ad esaltare, senza quasi lasciar trasparire alcuno sforzo, con una sensualità affinata ed inesperta.”

Antonio Canova,
Amore e Psiche giacenti

L’erotismo dell’Adone coronato da Venere, nel gruppo di Amore e Psiche giacenti si fa ancora più sottile e raffinato. L’opera appare come la realizzazione perfetta della poetica di Canova: qui la complessità psicologica ed erotica s’innesta e si rivela nell’intrecciarsi delle strutture volumetriche e così la favola mitologica si trasforma in un’espressione quasi misteriosa e lontana di tensioni emotive, capaci di conferire all’insieme un armonioso equilibrio compositivo. Le mani, che premono dolci e insistenti sulle levigatissime superfici, il molle abbandono del drappo sulla curva perfetta della coscia, i corpi che sembrano sul punto di cedere ad un languido desiderio d’amore e le curve raffinate dei seni, delle mani, dei capelli: tutto questo esprime una contenuta passione sensuale. Lo stesso lento espandersi e chiudersi e intrecciarsi di linee e volumi, infatti, suggerisce inconsapevoli desideri erotici. La poetica canoviana, a questo punto, ha raggiunto uno dei momenti più alti della sua evoluzione; lo scultore, ormai, possiede una tecnica capace di rivelare le più sottili vibrazioni poetiche. Nonostante ciò, Amore e Psiche non sono uniti in un bacio. E’ il trattamento molto accurato della superficie della scultura a farci vivere come significativo anche il più lieve contatto; in questo senso, ma soltanto in questo senso, il gruppo scultoreo possiede un contenuto erotico. Tuttavia, si pensa che il significato sessuale non si riveli soltanto nella resa precisa delle misure, ma anche nella delicatezza delle mani, le quali sembrano penetrare nelle superfici morbide dei capelli, o nella forma dolcissima di un piccolo seno.

Nessuna meraviglia, quindi, se le figure del Canova risvegliano spesso intensi e perfino “perversi” desideri erotici in occasionali osservatori o in note personalità artistiche, tra le quali troviamo l’illustre poeta Ugo Foscolo, che ha avuto modo di ammirare più volte le opere dell’artista. E’ ben esplicita ed intensa, quindi, la relazione tra la scultura canoviana e la poesia foscoliana, una vera e propria sinergia. Se talune opere di Canova riescono a suscitare reazioni sensuali così profonde, vuol dire che, a livello dell’inconscio, egli era tutt’altro che insensibile alle attrazioni e ai desideri della carne. L’omaggio della sua arte alla grazia, alla bellezza della donna nasconde, forse, un inconsapevole bisogno di colmare il suo cuore desideroso di affetto materno, visto che l’anno successivo alla morte del padre, viene praticamente abbandonato dalla madre, che si risposa. In fondo, Antonio Canova rimane sempre un innamorato della bellezza femminile, che riesce ad esaltare, senza quasi lasciar trasparire alcuno sforzo, con una sensualità affinata ed inesperta.

Un’altra occasione per onorare il celebre scultore del fascino femminile ci viene offerta dalla presentazione al pubblico del restauro del gesso della Maddalena penitente, modello della statua canoviana oggi custodita presso il Museo di Sant’Agostino a Genova. La fragilità della bellezza, la malinconia che accompagna la consapevolezza della sua caducità sono tutti elementi presenti in questa opera.

La figura inginocchiata della Maddalena è, come di consuetudine, rappresentata ignuda con i lunghi capelli sciolti che le ricoprono appena il seno, mettendo in luce il provocante modellato delle spalle. La languida sensualità delle carni, in stanco abbandono, è sapientemente orchestrata sulle nude forme dal preziosismo della “pelle” del gesso sulla superficie, così come dalla resa di dettagli quali le lunghe ciocche dei capelli, minutamente incisi sul capo, e il motivo del panneggio lungo i fianchi. Rispetto al primo bozzetto è stata cambiata la posizione della testa, prima dritta e ora reclinata, e delle braccia, prima raccolte in gesto di preghiera ed ora aperte in segno di compassione. Modifiche non secondarie, perché l’intento di Canova è quello di mettere in luce il contrasto tra il fascino di un corpo ancora attraente, espressione di viva sensualità, e il suo annientamento nella consapevolezza del peccato e nell’invocazione del perdono divino. La resa artistica della figura della Maddalena appare come una fedele trascrizione del testo evangelico (le lacrime che bagnano i piedi di Cristo, i capelli con cui la Maddalena glieli asciuga), ma il contrasto vivido tra la bellezza del corpo e la sua mortificazione nell’abbandono alla volontà di Dio sono una chiara prova non comune della ricerca del Canova di sublimare l’umano, qualunque ne sia la condizione. La Maddalena riunisce, così , in sé l’amore, la sensualità, il peccato, rivelando una doppia natura, terrena ed ascetica, materiale e spirituale.

A questo punto, ci congediamo con una domanda più che lecita: ma come può l’anima, che è a contatto col mondo materiale, elevarsi verso il mondo celeste? “Attraverso l’amore – scrive Platone nel Convivio – che è desiderio di bellezza. La bellezza coincide con il Bene e questo con il Vero: l’anima, che attraverso l’amore si innalza alla suprema bellezza, realizza, al contempo, l’ideale della Bontà e della Sapienza”. E’ così che l’opera scultorea di Canova ci conduce in luoghi reconditi, in cui i desideri nascosti della carne e la volontà perversa di momenti lascivi e licenziosi si abbandonano per poter interpretare una bellezza, non solamente sensuale ed erotica, ma che è, soprattutto, opera del divino.