Vai al contenuto

Amore e Pische

28/06/2022

C’erano una volta, nell’antica Grecia, tre sorelle. Le prime due erano molto carine, ma la terza era bellissima, nessuna parola avrebbe potuto descriverne il fascino. Il suo nome era Psiche ed era così bella che tutti, sulla terra, dicevano che neppure le divinità dell’Olimpo avrebbero potuto superarla. I numerosi complimenti che la ragazza riceveva scatenarono l’ira e la gelosia di Venere, dea dell’amore e della bellezza.

Venere, cieca per la gelosia, decise di punire Psiche e mandò sulla terra suo figlio, Amore, con quest’ordine: “Scendi sulla terra e colpisci Psiche con una delle tue magiche frecce, ma attenzione: dovrà innamorarsi dell’uomo più brutto del mondo!”.
Dovete sapere che le frecce di Amore avevano il potere di far innamorare le persone che avrebbero colpito. Amore, ricevuto l’ordine della madre, scese sulla terra e volò fino al castello in cui abitava la bellissima Psiche. Tuttavia, quando Amore vide Psiche, rimase incantato dalla sua bellezza a tal punto che mentre incoccava la freccia si ferì con la punta.
E così, vittima del suo stesso potere, Amore si innamorò perdutamente di Psiche.

Amore rapì la ragazza e la portò nel suo palazzo, senza dire nulla alla madre. I due potevano dormire insieme ogni notte ma ad una condizione: lei non avrebbe mai dovuto guardare il dio in volto. Nonostante ciò Psiche si innamorò egli stessa di Amore. I due al calar del sole, ogni giorno potevano stare insieme e vivere la loro bellissima storia d’amore.

Ma purtroppo Psiche era ormai diventata alquanto curiosa. Si chiedeva ogni giorno quale fosse l’aspetto del volto del suo amato, soprattutto perché le sorelle gli avevano detto che sicuramente si sarebbe trattato di una creatura mostruosa. Così, una notte, mentre Amore dormiva, accese una lanterna e la avvicinò al suo viso.
Finalmente Psiche poteva vedere il suo amato e vide un viso bellissimo e dolce, come non ne aveva mai visti prima. Psiche si innamorò di Amore una seconda volta. Ma, mentre ammirava il suo amato, per errore, fece cadere una goccia d’olio bollente sulla pelle di Amore. Il dio si svegliò e fu costretto a fuggire lontano.

La fanciulla cadde in una disperazione estrema, cercò il suo amato in tutto il mondo ma senza trovarlo. Alla fine, andò al tempio di Venere a chiederle aiuto. La dea, che in realtà aveva intenzione di liberarsi di lei, le promise il suo aiuto, ad una condizione: Psiche avrebbe dovuto superare quattro prove.

Venere le disse che, per superare la prima prova, avrebbe dovuto separare una montagnola di grano in due mucchi, dividendo i chicchi più grandi da quelli più piccoli. Nemmeno un chicco doveva essere fuori posto! La prova era impossibile da superare e quindi Psiche si gettò a terra disperata, in un lungo pianto. Un gruppo di formiche che passavano lì vicino la udirono e decisero di aiutarla: chiamarono a raccolta tutto il formicaio e si occuparono di separare i chicchi. La prima prova, grazie all’aiuto delle formiche, venne portata a termine.

Come seconda prova, Psiche avrebbe dovuto raccogliere la lana d’oro che cresceva sul manto di un gregge di pecore. La fanciulla stava per avvicinarsi agli animali, quando una voce le disse: “Fermati! Queste pecore si lasciano toccare solo dagli dei. Se ti avvicinerai a loro morirai. Devi aspettare che si faccia buio: quando le pecore si saranno addormentate potrai raccogliere la loro lana dorata che troverai impigliata nei rovi e nei cespugli”. Psiche eseguì questi ordini e riuscì a portare a termine anche la seconda prova, grazie ad una voce misteriosa.

Nella terza prova, Psiche avrebbe dovuto raccogliere l’acqua di una fonte magica che si trovava al centro di una rupe impossibile da raggiungere. Questa volta però fu l’aquila di Giove ad aiutarla: prese tra i suoi artigli il recipiente che la ragazza teneva tra le mani, volò fino alla fonte, lo riempì. Anche la terza prova, grazie all’aiuto dell’aquila di Giove, andò a buon fine.

Per superare la quarta e ultima prova, Psiche avrebbe dovuto chiedere a Proserpina, la regina dell’oltretomba, un po’ della sua bellezza. La ragazza entrò negli Inferi ed ottenne dalla dea un’ampolla dorata.
Ma Proserpina si raccomandò: “Apri quest’ampolla solo quando sarai davanti a Venere. Per nessun motivo devi aprirla prima di quel momento”. Psiche, come abbiamo già scoperto, era molto curiosa e lungo la strada si fermò per aprire il vaso: il vapore contenuto nell’ampolla si sparse nell’aria e la ragazza cadde addormentata.

Per fortuna, il corpo di Psiche fu trovato da Amore, che passava di lì. Il dio la portò nel suo castello e la svegliò. Psiche gli raccontò delle quattro prove e di tutte le fatiche che aveva passato. Amore, colpito dal coraggio e dalla determinazione della ragazza, chiese aiuto a Giove, suo padre. Giove fece bere a Psiche il nettare degli dei e in questo modo, la principessa diventò una divinità, ricevendo il permesso di abitare sull’Olimpo, insieme ad Amore e agli altri dei.

Che mito incredibile, non trovate?
Osserviamo adesso la statua della Gypsotheca: Canova ha scolpito i due giovani innamorati mentre si riuniscono dopo il superamento delle diverse prove. Guardate bene, cosa tengono in mano? Una magnifica farfalla! Per gli antichi greci la parola psyché significa anima. La stessa parola però aveva più significati come soffio vitale e farfalla. È per questo motivo che Canova decide di immortalare una farfalla in questa scultura. Un gioco di parole che diventa un bellissimo dettaglio!
Scoprite dove si trova la scultura al Museo Canova e divertitevi a colorare tutti i disegni di Valentino Villanova.