Elisa Baciocchi Bonaparte e la rivoluzione del settore marmifero carrarese
Elisa Baciocchi Bonaparte e la rivoluzione del settore marmifero carrarese
Una delle donne più importanti e intraprendenti della stirpe napoleonide è senza ombra di dubbio Elisa Baciocchi Bonaparte (Ajaccio, 3 gennaio 1777 – Villa Vicentina, 7 agosto 1820), figura di rilievo, donna tenace e intraprendente, che Canova fu onorato di omaggiare immortalandola nella sua scultura. Sorella minore di Napoleone Bonaparte, Elisa (il suo nome di battesimo era Maria Anna) fu una principessa francese, ma anche una donna dal carattere forte, capace di lasciare un’impronta nella sua epoca. Dopo aver sposato il capitano Felice Pasquale Baciocchi nel 1797, Elisa governò con determinazione il principato di Lucca e Piombino, oltre al ducato di Massa e Carrara. Il 3 marzo 1809, quando i dipartimenti vennero affidati a un unico governo con sede a Firenze, Elisa fu posta a capo e acquisì quindi il titolo di Granduchessa di Toscana, contemporaneamente a quello di Principessa di Lucca e Piombino. Napoleone riconosceva le doti e le capacità della sorella nel governare e non esitò ad affidarle incarichi delicati.
Antonio Canova
Busto di Elisa Baciocchi Bonaparte
Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno
Donna molto attiva e operosa, Elisa Baciocchi seppe governare con estrema prudenza e lungimiranza, anche se la popolazione non le riconosceva meriti, nutrendo sempre una certa antipatia nei suoi confronti e diffidando dei suoi sforzi per rinnovare l’antica Repubblica di Lucca.
A Lucca realizzò importanti interventi urbanistici per migliorarne l’assetto e acquistò, a spese dello Stato, Villa Orsetti, trasformandola poi in residenza dei Principi.
Elisa fu anche una grande amante delle arti e dell’architettura, tanto che a lei furono dedicati i primi volumi degli Annali del Museo Imperiale di Fisica e Storia Naturale di Firenze. Dedicò particolare attenzione alla città del marmo per eccellenza, Carrara, dove le cave erano sfruttate fin dai tempi antichi. Tale attività non si era sempre rivelata redditizia per l’economia locale; in particolare, il settore marmifero attraversò un periodo difficile quando i francesi entrarono in città. Carrara, all’epoca, era in difficoltà a causa delle tensioni sociali interne e delle continue crisi del mercato internazionale, ma il governo di Elisa avviò profonde trasformazioni nel sistema artistico e industriale locale.
Con l’annessione al Granducato di Lucca e Piombino nel 1806, Elisa sperava di fare di Carrara la più grande Manifattura di Stato al servizio dell’Impero. Per questo motivo, dovette attuare riforme significative che riguardarono aspetti fondamentali, ovvero: il marmo, con la modifica della legislazione locale delle cave; il lavoro, con la creazione di una banca utile a rilanciare l’economia marmifera; la scultura, attraverso il Decreto istitutivo della Banca Elisiana, che intendeva modificare i rapporti economici e sociali alla base del mercato del marmo e della scultura, e attraverso il rilancio e la promozione dell’Accademia di Belle Arti.
Il 2 maggio 1807 la Banca Elisiana aprì quindi i propri atelier di scultura, architettura e ornato. La sua creazione coincise con la prima vera e propria rivoluzione industriale del settore marmifero di Carrara, basandosi su un semplice ma efficace principio: trasferire la produzione artistica dove si trovava la materia prima, il marmo, formando qui la manodopera specializzata, ovvero l’Accademia. I pochi chilometri che separavano le cave di marmo dai laboratori della città permettevano infatti una riduzione dei costi di trasporto e dei dazi doganali. La Banca mirava quindi a interventi protezionistici, favorendo le opere lavorate in loco e sostenendo di conseguenza il prodotto “made in Carrara”. Le opere di marmo qui prodotte erano infatti molto pregiate, poiché realizzate da una manodopera altamente qualificata e contrassegnate da un apposito sigillo di qualità. Ciò che si ricavava dalla produzione dei marmi veniva investito per il finanziamento del restauro delle strade, ma soprattutto per il rilancio dell’Accademia carrarese.
Antonio Canova
Musa Polimnia, dettaglio
Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno
La maggiore attività della Banca fu l’imitazione dell’antico, con la creazione di elementi ornamentali e la produzione di busti di Napoleone e dei napoleonidi. Questi ultimi erano soprattutto strumenti di propaganda politica del regime, basato sul culto di Napoleone. La produzione dei busti si basava principalmente su copie o variazioni di modelli forniti da Antonio Canova, ma anche da Chinard, Chaudet e Bosio. Tuttavia, le botteghe dei carraresi e quindi gli scultori della Banca erano capaci di andare ben oltre la semplice attività di copiatura, realizzando sculture originali, presentate nella cosiddetta Galleria dei Carraresi, una vera e propria “vetrina” per l’esposizione delle opere in attesa di essere riconosciute dagli esperti e acquistate dai collezionisti.
Come fece con buona parte della dinastia Bonaparte, Canova non esitò a omaggiare e onorare anche Elisa Baciocchi Bonaparte. Come è noto, nelle sue sculture, specialmente femminili, Canova ricercava la bellezza ideale della Venere Italica, una bellezza che nasceva dall’idea di perfezione dell’artista e che non esiste in natura.
Elisa, nelle vesti di Musa Polimnia, venne ritratta interamente, seduta di fianco e con il volto girato di lato. Sotto la seduta giace una maschera del teatro greco, che ricorda il fatto che Polimnia, nell’antichità, era venerata come Musa dell’eloquenza e dell’arte mimica.
Nel 1815 Canova completò l’opera, ma modificò i lineamenti del volto, inserendo i tipici tratti idealizzati. Nel gennaio 1817 lo scultore inviò la statua a Vienna come dono a Francesco I d’Austria, in occasione delle sue nuove nozze. L’opera contribuiva all’omaggio all’imperatrice Carolina, promosso a Venezia da Cicognara, il quale proponeva l’invio di un gruppo di opere di artisti veneti in alternativa a una somma di denaro richiesta dalla corte imperiale.
Nella Gypsotheca sono conservati il busto-ritratto in gesso e il modello in gesso della Musa Polimnia seduta in trono. Il marmo, invece, è custodito a Vienna presso l’Hofmobiliendepot.
A cura di Martina Pozzan