È una domanda che fanno in molti, in questi giorni in cui è aperta la mostra nel Museo di Possagno dedicata alla statua del primo Presidente degli Stati Uniti d’America: perché Napoleone Bonaparte è stato rappresentato nudo e invece George Washington è vestito da centurione romano?
Non è l’unica differenza, a dire il vero: Napoleone è in piedi nell’esercizio della sua funzione di dominio con lo scettro in mano, Washington invece è seduto con lo scettro e la daga deposti a terra; Washington sta scrivendo la sua rinuncia al potere mentre Napoleone tiene stretto sulla destra la stretta della vittoria sul Mondo intero.
A ben vedere, sono due figure all’opposto: l’uno è un dio, bello e grande come Marte pacificatore dell’Universo; l’altro è un uomo la cui grandezza non è dovuta alla divinità e neppure al potere politico.
La sua grandezza è semmai dovuta alla serena rinuncia del potere.
Washington infatti è colui che considera il comando un ònere che tutti i cittadini, a turno, in uno Stato democratico, devono poter sostenere. Ma ogni potente deve, alla scadenza del suo mandato, lasciare a un altro “fratello” e “cittadino” la responsabilità di guidare lo Stato.
Se Napoleone è un dio, Washington è un uomo.
Napoleone fu l’ultimo europeo a rivestire un potere sacro, divino: come ogni imperatore romano antico, come Augusto o Trainano, era chiamato “divus”. E quelli medievali, come Carlomagno o il Barbarossa, che degli imperatori romani si consideravano i continuatori, erano chiamati “sacri”.
Il potere di Washington, invece, non è né regale né imperiale. Ma repubblicano.
E laico.
L’origine del potere napoleonico è divina. Quello di Washington è politica, sancito dal voto di una libera e civile nazione.

